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Storia del duello tra Sasaki Kojirō e Takezo Shinmen (2018)

  • Immagine del redattore: Salvatore Pellegrino
    Salvatore Pellegrino
  • 6 ott 2018
  • Tempo di lettura: 5 min


Anni or sono, nel periodo a cavallo tra l’epoca Sengoku [1] e periodo Edo [2], vissero in Giappone due spadaccini leggendari, Takezo Shinmen e Sasaki Kojirō. Takezo nacque nel 1584 presso il villaggio Miyamoto, nella provincia di Harima, dove fu educato all’uso delle armi dal padre Munisai, il cui valore venne riconosciuto persino dallo shōgun; alla sua crescita spirituale contribuì anche il monaco zen Takuan Soho, amico del celebre maestro di spada Yagyu Munemori. Dopo essersi ricoperto di gloria sin dalla più tenera età – si narra, infatti, che a soli tredici anni costui abbia ucciso il suo primo avversario –, Takezo partecipò, ancora sedicenne, all’epica battaglia di Sekigahara [3], al fianco delle truppe dei daimyō dell’Ovest, che ne uscirono rovinosamente sconfitte. Sopravvissuto al massacro di migliaia di guerrieri e all’inseguimento di numerosissimi nemici assettati di sangue, il giovane Shinmen cominciò un vagabondaggio per tutto il Giappone, desideroso di gloria e affermazione personale: visse per diversi anni in totale eremitaggio, nelle foreste più remote e impervie del Paese, pensando esclusivamente alla meditazione e all’affinamento delle tecniche marziali. Condusse tale vita per tredici anni, battendosi valorosamente contro uno o più avversari – come i spadaccini della famiglia Yoshioka, famosi per la loro scuola di spada a Kyōto – per sessanta volte e ottenendo altrettante vittorie, senza mai venire sconfitto o assaporare l’onta del disonore. Così facendo, Shinmen divenne leggenda quand’era ancora in vita. Il secondo guerriero, Sasaki Kojirō, nacque nel 1593 in un villaggio appartenente alla provincia Echizen. Da ragazzo costui incontrò Toda Seigen, istruttore di arti marziali del clan Asakura, che lo prese come suo allievo, riconoscendo la sua prodigiosa abilità come spadaccino. Durante l’addestramento, Kojirō prese le distanze dallo stile di Seigen (che prediligeva il kodachi [4]) e sviluppò una tecnica incredibile basata sull’utilizzo ōdachi[5]: tale tecnica venne battezzata con gloria Ganryū, lo “Stile della Roccia”. La leggenda racconta che con la sua lunga katana – chiamata Monohoshi Zao –, il valoroso Kojirō abbia sviluppato una tecnica denominata Tsubame-Gaeshi (il “Contrattacco della Rondine”), ispirata al volo dell’uccello, con la quale sbaragliava anche i nemici più valorosi e assetati di sangue mentre elegantemente quasi danzava nel suo haori [6] di color rosso fuoco. Nell’anno 1610 Kojirō giunse a Kokura, dove ottenne il permesso del futuro signore della città Hosokawa Tadatoshi, di aprire un dojo [7]. La sua fama crebbe velocemente e ben presto, nel 1612, alla sua scuola giunse perfino il ventinovenne Takezo Shinmen che, desideroso di misurarsi con avversari dalla forza e dal valore sempre maggiore, decise di sfidarlo formalmente a duello. Lo scontro, oggetto di numerose leggende, fu fissato il 13 aprile dello stesso anno su una piccola isola a pochi chilometri da Kokura, tra le sette e le nove del mattino. Dovete dunque sapere che Shinmen non giungeva mai puntuale a un duello, obbediente a una sua precisa strategia psicologica, che non ripeteva più di una o due volte con avversari che ne erano già a conoscenza: togliere fiducia all’avversario, fiaccare il suo spirito, fargli perdere calma e concentrazione facendolo attendere a lungo. Anche quel giorno Kojirō attese, come ogni avversario di Shinmen il “Temporeggiatore”. Quando furono trascorse più di due ore, Kojirō si levò in piedi e comandò con impazienza a un suo emissario di andare alla ricerca dell’arrogante sfidante. Costui partì immediatamente di gran corriera e, giunto presso l’abitazione di Shinmen, lo trovò che ancora dormiva beato. Destato dalla voce alta dell’ambasciatore, costui si alzò e con snervante indolenza consumò una parca colazione, come se avesse a sua disposizione tutto il tempo dell’universo. Poi si alzò e, utilizzando un remo, costruì per sé un bokken [8] con il quale affrontare il rivale. Quando Kojirō – che aspettò ben tre ore sotto il sole cocente di Kokura – scorse il suo avversario giungere in barca, perfettamente pacato, con abiti dismessi e per di più armato solo di una meschina spada di legno che nascondeva immersa nelle acque, andò su tutte le furie e, liberatosi con foga del fodero della sua katana, gli si avventò contro, immergendosi nell’acqua. Di fronte a tale comportamento, Shinmen rimproverò all’avversario di aver perso la calma, la concentrazione e di conseguenza lo stesso duello: costui fu infatti un innovatore nel campo della strategia di lotta psicologica, dello studio della personalità dell’avversario e delle sue debolezze oltre che delle sue tattiche comportamentali. Alcuni dicono che Shinmen abbia protratto in avanti l’ora dell'incontro, allo scopo di sfruttare l’effetto della luce solare (per accecare l'avversario) o delle maree (per agevolare la sua eventuale fuga, sfruttando la bassa marea). Qualunque sia stata la sua strategia, essa si rivelò comunque vittoriosa e letale: quando il furioso Kojirō fu nel campo d’azione di Shinmen, costui, con movimento impetuoso, estrasse velocemente il bokken dalle acque e, sfruttando la sua maggiore lunghezza rispetto alla katana dell’avversario, con mano ferma, veloce e sicura colpì mortalmente alla testa il suo incauto avversario, prima che egli potesse far sfoggio della sua tecnica segreta. Kojirō morì all’istante e il suo sangue tinse di bruno le acque della baia, che da quel momento in poi fu denominata Ganryū-jima [9]. Dal quel momento in poi Takezo Shinmen continuò a vagabondare per l’intero Giappone e non perse mai un duello. A cinquant’anni si dice che egli si ritirò a vita privata, allo scopo di dedicarsi allo studio, alla letteratura (scrisse anche un noto libro, il Go rin no sho [10], con lo pseudonimo di Miyamoto Musashi) e ad altre discipline (come lo studio della calligrafia o l’arte della forgiatura delle tsuba [11]), risultando un maestro in molte di esse. Shinmen morì in età avanzata, probabilmente per un tumore allo stomaco, in un periodo storico del Giappone in cui la vita media si attestava intorno ai quarant’anni. Secondo la leggenda, al suo funerale un violentissimo tuono scosse tutti i presenti alla cerimonia, che interpretarono il fenomeno come lo “spirito di Musashi che lasciava il corpo”.



[1] Si tratta del periodo degli stati belligeranti, periodo di una vasta crisi politica (1467 - 1603). Fu un’epoca in cui l’intero Giappone era diviso in tanti piccoli feudi costantemente in guerra tra loro.

[2] È anche noto come periodo Tokugawa (1603-1868). Si tratta di quella fase della storia del Giappone in cui la famiglia Tokugawa detenne il massimo potere politico e militare nel Paese. Tale fase storica prende il nome dalla capitale Edo, sede dello shōgun, ribattezzata Tokyo nel 1869.

[3] Celebre battaglia combattuta il 21 ottobre 1600 tra le truppe dei daimyō dell’Est (al comando della famiglia Tokugawa) e quelli dell’Ovest (guidata dalla coalizione Toyotomi).

[4] Piccola spada corta.

[5] Tipo di spada lunga.

[6] Soprabito che giunge fino all’anca o alla coscia, che aggiunge ulteriore formalità all’abito.

[7] Luogo dove si svolgono gli allenamenti di arti marziali.

[8] Riproduzione in legno di una spada giapponese.

[9] L’odierna isola disabitata di Funa-jima.

[10] Il libro dei cinque anelli.

[11] Le guardie delle spade giapponesi, sopra l’elsa dell’arma, vere e proprie opere d’arte.

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